“Chi non lavora non fa all’amore”

Con estrema sintesi questo e’ il concetto presente nel nuovo Ddl, che il governo Draghi sta per presentare al Parlamento per l’ approvazione definitiva.
L’iter di questo Ddl non è stato agevole, anzi in sede universitaria la dottrina a favore ha faticato molto prima di completarne la bozza e affermare le proprie ragioni. Il mondo giurislavoristico di estrazione liberale,tuttavia, è ancora in allarme, perché queste norme sono state considerate palesemente discriminatorie e contrarie ai principi cardini presenti nello statuto dei lavoratori.
In buona sostanza il concetto sopra sintetizzato concederebbe a mo di premio solo a chi lavora il compito di copulare liberamente con il proprio partner con la finalità di procreare e perpetuare la specie. Stranamente questa concessione, apparentemente premiale, ha fatto gridare allo scandalo. “E’ un aberrazione”- ha sentenziato il segretario generale della CGIL Landini- perché ancora una volta sui lavoratori dipendenti è stata scaricata un’ altra responsabilità senza che a questo ” sacrificio” verrà
corrisposta un aumento dei salari.
“E’ paradossale”- aggiunge il segretario- che, oltre al peso fiscale e al lavoro usurante, i nostri iscritti devono anche sobbarcarsi l’ onere di fare all’amore quasi a comando. I lavoratori sono sfiniti. Quando tornano a casa dopo una giornata di lavoro sarebbero costretti anche a soddisfare i loro partners non per il loro piacere ma per dare i figli a Dio. Pertanto, almeno su questo versante si potrebbero utilizzare coloro che godono del reddito di cittadinanza e di altri sussidi, perché, a causa della loro inattività, conservano le energie sufficienti per fare all’amore.
Chi lavora ha troppi pensieri: un detto paesano, infatti, dice che il….( gulp!) non vuole pensieri.

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