il Sindaco che ora CHÉ

I PRIMI CENTO GIORNI DELLA RIVOLUZIONE GENTILE

BREVIARIO CORATINO 8 Liturgie del libero pensiero

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Sono passati i fatidici “cento giorni”, quelli in cui solitamente una nuova amministrazione risolve le urgenze più immediate e soprattutto dà il segno, mostra l’imprinting del proprio modo di operare. I primi cento giorni costituiscono il tempo in cui ragionevolmente e con grande beneficio di inventario si dà fiducia incondizionata agli amministratori. E’ il tempo necessario per confrontare la “direzione di marcia” rispetto ai programmi presentati e a quanto affermato in campagna elettorale.
Cento giorni sono pochi rispetto ed interventi strutturali in cui stanno di mezzo disponibilità finanziarie, procedimenti e burocrazia, ma sono tanti rispetto ad interventi improrogabili (in primis quelli sulle strade, le piazze e i servizi di prima necessità) o a scelte di risorse politiche, amministrative ed anche umane che formeranno la base operativa per il medio e lungo periodo.

Ebbene, a Corato i primi cento giorni sono passati. Il capitale politico a disposizione del nuovo sindaco Corrado De Benedittis al momento di partenza era enorme, incredibilmente enorme, sia sul piano della fiducia personale che su quello del consenso elettorale. Un credito tanto grande che, come non era mai successo in precedenza, c’era la possibilità di avere per Corato una maggioranza in Consiglio comunale di 18 contro 6. Una maggioranza bulgara o come si sentì dal palco “ampia, tonda, bella”. Una maggioranza che faceva presagire un coinvolgimento non solo di forze politiche organizzate ma addirittura di “forze popolari” e di civismo attivo in quella che sarebbe diventata la prima “rivoluzione gentile” di Corato ed esempio per molti altri comuni. Una maggioranza che, si diceva, poteva fare in un sol colpo tabula rasa del “ventennio perroniano”, e di cui in piazza ci si era pure beffati definendolo come tragico e ridicolo inganno di “età dell’oro”… con o senza il famigerato “Punto”.

Corato aveva portato al trionfo non solo un professore colto, un fine dicitore, un trascinatore di gioventù, un vindice dei torti comuni, un messia di nuove speranze, un “rivoluzionario gentile” col sorriso e il ramoscello d’ulivo ma, soprattutto, aveva portato al trionfo l’idea che sarebbe finalmente arrivata la nemesi di libertà, la trasfigurazione egualitaria, la realizzazione vera e immediata di una politica sincera, autentica, vicina agli ultimi. Mai vi era stata nei decenni precedenti una campagna elettorale così sanguigna, così carica di emozioni e così spinta nel suscitare aspettative e fiducia collettive. A favore del nostro Corrado si erano mobilitati i vertici della politica regionale e nazionale, certi maitres a penser nazionali e addirittura teologi di fama internazionale.

Intorno al sindaco si era già coagulato una falange ben organizzata di promozione del consenso, specie attraverso un uso innovativo, fresco, giovanile, efficace, addirittura “artistico” dei moderni media, che, contestualmente, si era dimostrata molto scaltra nella rimozione fino all’annichilimento, anche attraverso la derisione e la satira, di chi si fosse manifestato dubbioso o addirittura contrario al “Verbo gentile”. La categoria della “estetica del potere” in certi momenti prese addirittura il posto dell’etica e quasi sempre quest’ultima fu mostrata nella sua indicibile “bellezza” più che grandezza.

Insomma, giorno dopo giorno si era costruita una idea di “Corato del futuro” che da ogni punto di vista doveva essere un concreto ideal-tipo di comunità perfetta, garante non solo di libertà, giustizia, solidarietà e fratellanza ma anche di piena garanzia della dialettica democratica, delle voci di dissenso, della inclusione e della partecipazione attiva anche di chi non l’avesse pensata come il sindaco e i suoi due partiti, nati per iniziativa personale ma poi divenuti secondo la narrativa main stream unico vero e grande patrimonio del nuovo agire politico di Corato. Il vangelo era nella CAP 70033 e fuori solo eresia e falsità.
Ora, invece, i cento giorni sono passati ed oggi si impongono di necessità le diverse domande. La rivoluzione gentile è passata dalle parole ai fatti? La promessa è stata ripagata? Il cambiamento si sta mostrando nella evidenza dichiarata? La trasparenza si sta mostrando in tutta la sua chiarezza? Il Bene sta illuminando Corato in tutto il suo annunciato splendore solare?
Ecco, da queste considerazioni e da queste domande, quasi impolitiche, bisogna partire dopo i primi cento giorni in cui si è “organato” il potere esecutivo, si sono preparati quelli di indirizzo, si sono fatti gli interventi urgenti, si stanno preparando le risorse per il futuro.

Da queste considerazioni e domande bisogna partire per esprimere le valutazioni sulle “prime prove” a cui sono stati chiamati il nuovo sindaco Corrado De Benedittis e la sua “solida, tonda e bella maggioranza”.
La formazione della Giunta, la elezione del presidente del Consiglio comunale, la composizione del Consiglio, la formazione delle Commissioni, gli interventi sulle urgenze della città, le delibere di Giunta, la gestione della pandemia, la modalità di interlocuzione e di azione amministrativa, la “road map” per le scelte successive sono stati e sono banchi di prova su cui è necessario un dibattito autentico, di vera democrazia partecipata da tutti, possibilmente senza il disturbo della solita e rumorosa claque.
Non vorremmo che i primi cento giorni del pur bravo e generoso Corrado De Benedittis siano una piccola replica dei famosi cento giorni di Napoleone Bonaparte in cui preparò non il suo definitivo trionfo ma la sua inappellabile sconfitta di Waterloo.

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